Breve storia dell'elettrodinamica quantistica

Elio Fabri

Ultima revisione: 2-5-98


Seconda puntata

Alla fine della prima puntata scrivevo: si capiva che occorreva introdurre in qualche modo le proprietà quantistiche della radiazione e.m., ossia i fotoni. Nel gergo della fisica teorica, questo si dice "quantizzare il campo e.m.".
Tale lavoro fu intrapreso subito dopo la nascita della meccanica quantistica, col contributo di molti (Dirac, Heisenberg, Pauli tra i principali). Si vide subito che la soluzione era già pronta nell'armamentario della fisica teorica classica: per capirla basterà un semplice esempio.

È noto che una corda fissata agli estremi può oscillare in più modi. Il più semplice (detto "fondamentale") è quello in cui tutta la corda si muove insieme, salvo che i punti oscillano con ampiezza decrescente dal centro verso gli estremi.
Ma ci sono altri modi di oscillazione, detti "armonici", in cui uno o più punti della corda restano fermi (nodi) mentre fra questi l'oscillazione raggiunge dei massimi (ventri).

Le cose importanti sono tre:
1) I vari modi di oscillazione hanno frequenze diverse, che nel nostro esempio crescono come numeri interi, ossia sono tutte multiple della frequenza fondamentale. Inutile dire l'importanza che questo fatto ha per la fisica degli strumenti musicali, non solo a corda, perché lo stesso fenomeno si presenta anche nei tubi che costituiscono gli strumenti a fiato.
2) Meno evidente, ma ancora più importante: qualunque moto della corda, anche il più complicato e irregolare (come lo si potrebbe ottenere colpendola a casaccio) è sempre una "sovrapposizione" di quelle oscillazioni semplici (che siamo soliti chiamare "modi normali"). Perciò tutta la meccanica di una corda si può studiare lavorando sui suoi modi normali.
3) Il moto di un punto della corda in un modo normale è armonico (ho già detto che ha una frequenza definita, ma per di più ha un andamento sinusoidale nel tempo) e può essere descritto proprio pensando a un semplice oscillatore armonico.

Ne segue che una corda può essere vista come un insieme di infiniti oscillatori armonici, di frequenze f, 2f, 3f, ... e che la meccanica di una corda è equivalente (isomorfa) a quella di un insieme di oscillatori armonici non interagenti: quanto di più semplice si possa desiderare.

Ma che c'entra questo col campo e.m.?
C'entra perché si dimostra senza difficoltà che non solo una corda, ma qualunque sistema continuo, se retto da equazioni lineari, può essere ridotto a un insieme di oscillatori armonici, ossia di modi normali. Questo è vero per una campana, per l'aria dentro una tromba, per l'acqua del mare, ecc.
La sola differenza dal caso facile della corda è che le frequenze dei diversi modi normali non avranno una relazione così semplice, ma questo importa poco.

Dunque anche il campo e.m., dato che le eq. di Maxwell sono lineari, può essere sviluppato in modi normali! A rigore questo è vero in modo semplice per il campo racchiuso in una "cavità" a pareti perfettamente conduttrici (un forno a microonde ideale e vuoto, per intenderci). Per il campo in uno spazio esteso e infinito le cose si complicano un po', ma possiamo considerare questa complicazione un problema esclusivamente tecnico.
Così pure esistono altri problemi tecnici, su cui non mi soffermo perché non essenziali; anche se richiesero un certo lavoro per essere risolti per bene.

Ma la quantizzazione? dov'è finita?
Molto semplice: la meccanica quantistica ci ha insegnato che un oscillatore armonico (una pallina appesa a una molla, o anche un pendolo nel caso di piccole oscillazioni) non può oscillare in modo qualsiasi: più esattamente la sua energia non può assumere valori arbitrari, ma è quantizzata. I possibili valori di questa energia differiscono della quantità costante hf, dove h (inutile dirlo!) è la costante di Planck.
Se è vero che il campo e.m. può essere trattato come un insieme di oscillatori armonici, anche questi saranno quantizzati: ogni modo normale del campo potrà variare la sua energia per quantità hf, dove ora f è la frequenza di quel particolare modo.

È quasi evidente che siamo arrivati ai fotoni: ogni modo normale del campo e.m. ha una particolare frequenza f, e la corrispondente energia è quantizzata per quanti hf (i fisici teorici sanno che ho barato un po', dimenticando una certa "energia di punto zero", ma non si può essere precisi su tutto...).
La cosa più bella è che con un po' di lavoro addizionale si riesce a dimostrare che queste oscillazioni quantizzate del campo e.m. non solo hanno la giusta energia, ma anche la giusta quantità di moto, il giusto momento angolare, ecc.: proprio quelli che sappiamo di dover attribuire a ciascun fotone.
Abbiamo così riscoperto i fotoni come quanti del campo e.m.: in altre parole, i fotoni spuntano fuori da sé non appena si applica la m.q. al campo di Maxwell, non c'è bisogno di postularli a parte.

Questo fu un successo entusiasmante, ma il lavoro era appena all'inizio.
Infatti: non l'ho detto finora, ma tutto ciò si applica alle eq. di Maxwell nel vuoto, ossia in assenza di cariche e correnti. Il lettore attento potrà vedere qui una contraddizione: ma non ci avevi detto che le onde e.m. sono prodotte da cariche accelerate? Allora se non ci sono cariche come possono esserci i fotoni?
Giusto e sbagliato allo stesso tempo.
Anche una corda ha bisogno di qualcuno che la metta in moto, ma se potessimo trascurare gli attriti (e le onde sonore che emette) una volta in moto non si fermerebbe mai. Così il campo e.m.: se avessimo una cavità perfetta (a pareti superconduttrici) una volta "eccitati" uno o più modi normali, quelle oscillazioni si manterrebbero indefinitamente.
Detto in termini di fotoni: dovremo produrli in qualche modo, ma una volta creati continuerebbero a rimbalzare tra le pareti della cavità senza mai cambiare, né di energia né di numero.

Purtroppo però un campo e.m. siffatto interessa poco: a noi interessano proprio le interazioni del campo con le cariche, come l'emissione e assorbimento di luce da parte degli atomi. Dobbiamo dunque fare un altro passo: studiare la quantizzazione del campo e.m. in presenza di particelle cariche.
Ma a proposito di particelle (elettroni) c'è un altro discorsetto da fare, e lo faremo nella prossima puntata, che non potrà essere l'ultima.
La "breve storia" mi sta crescendo sotto le dita...

(Fine della seconda puntata)


Continua...